Tione, edificio demolito in piazza Pleù. Per la seconda volta, il Tar dà ragione al comune
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- Categoria: Tione di Trento
- Pubblicato Mercoledì, 29 Ottobre 2014 09:03
- Scritto da Ettore Zini
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La sentenza è persino lapalissiana. Può una ditta risanare un edificio che non c'è più? Ovviamente no. Perché manca l'oggetto da risanare. Quindi, bene ha fatto il Comune a revocare una concessione edilizia rilasciata allo scopo. Questo, è quanto sostengono i giudici Armando Pozzi, Angelo Gabricci e Alma Chiettini del Tribunale Amministrativo di Trento. E questa, in sostanza, è la motivazione con cui il Tar ha dato ragione un'altra volta all'amministrazione comunale di Tione, nella causa intentatagli dalla ditta Cobumax di Tione, l'azienda di costruzioni che si è sentita doppiamente danneggiata dal Comune, per i provvedimenti presi in merito alla vicenda dell'edificio abbattuto in Piazza Pleù. La piazza si trova nel centro storico del capoluogo giudicariese. Dall'agosto 2013 è tutta un cantiere. Al recupero della storica fontana e agli arredi programmati dal comune, si era aggiunta una terza ristrutturazione ad opera di una ditta privata, che avrebbe dovuto risanare un vecchio immobile situato sul lato est, a confine con via Dazio di Tempesta. Purtroppo, l'azienda di costruzioni, invece di mantenere in piedi i muri perimetrali del primo piano - come dice la normativa in tema di risanamenti- ha fatto tabula rasa dell'edificio, incorrendo nel fermo dei lavori decretato da Comune. Che, non si è limitato a bloccare il cantiere, e a chiedere la messa in sicurezza delle case attigue all'edificio demolito. Ma, ha addirittura revocato la licenza edilizia concessa per la realizzazione di nove piccoli appartamenti e preso atto dell'inefficacia della Scia, presentata il 29 agosto. Cosa – secondo l'azienda sanzionata – illegittima, in quanto "il titolo edilizio è irrevocabile per legge". Nei giorni scorsi era arrivato un primo pronunciamento. Il Tar, anche allora, aveva dato ragione agli Uffici Comunali che, in presenza del rifiuto da parte dell'azienda di ottemperare alle opere "provvisionali urgenti" per sopperire al sopravvenuto stato di pericolo di possibili crolli, avevano provveduto, in proprio, a eseguire i lavori, presentando il conto alla ditta. Anche nella seconda causa, intentata dalla ditta di costruzioni contro l'amministrazione comunale, il Tribunale di Trento ha riconosciuto infondate le tesi sostenute dai ricorrenti, condannandoli a pagare le spese del giudizio di 4.000 euro, a favore del Comune. In pratica, i giudici hanno rigettato la tesi con cui la Cobumax asseriva che era impossibile tenere in piedi l'immobile, a causa della sua scarsissima consistenza strutturale. Nel qual caso – hanno spiegato – la ditta, preso atto di condizioni statiche tali da non consentire il recupero dell'edificio nel rispetto delle norme urbanistiche, avrebbe potuto chiedere un'autorizzazione in deroga al Consiglio comunale, prima di demolirlo. Avendo abbattuto l'immobile senza autorizzazione, era nei diritti il comune – dice la sentenza della Sezione Unica del Tar di Trento - disporre la "revoca della concessione edilizia, in quanto è sopravvenuta l'impossibilità di realizzare i lavori autorizzati per la mancanza dell'edificio da risanare, visto che lo stesso era stato illegittimamente demolito". Quali le conseguenze immediate della decisione del Tar, le spiega il sindaco Mattia Gottardi: "Intanto – dice il primo cittadino – va pagato l'abuso. Che, nello specifico, prevede una sanzione non inferiore al 150% del valore del realizzato. Poi - se gli strumenti urbanistici lo permetteranno e previo il parere positivo del consiglio comunale - ci sarà da valutare se sarà possibile fare una deroga, o prevedere addirittura la demolizione di quanto edificato".